LA FIAMMA _ ___ _ _ ____ Io sono la fiamma di rosso vestita che fischia e scoppietta, che sibila ardita, che lesta serpeggia, che alzandosi fugge: io sono la fiamma che tutto distrugge! Io sono la fiamma che sprizza faville, che aspira, s’innalza, che schizza scintille; che scalda, che cuoce, che splende, che fuma: io sono la fiamma che tutto consuma! LA GIOIA C’è gioia nell’acqua che scorre, nel vento che corre, nel fuoco che brilla, nel canto che trilla. C’è gioia nel fiore che sboccia, in tutto è la gioia, la vita, che freme infinita, che ride, che chiama, che palpita ed ama. (M. Bartolini) LUNA CHE FAI? NON DORMI MAI? Dice il bambino dal suo lettino: “Luna, che fai? Non dormi mai?” Risponde la luna: “Ad una ad una conto le stelle, fiammanti e belle. Vo per l’azzurro senza sussurro nei loro lettini bacio i bambini e dentro al mar mi vo a specchiar?” LA FIAMMA GUIZZA E BRILLA …e la fiamma guizza e brilla e sfavilla e rosseggia balda audace, e poi sibila e poi rugge e poi fugge scoppiettando da la brace… (“Il Poeta” G. Carducci) ACQUA FRESCA Acqua fresca che saltelli, canticchiando sopra i massi, ti salutan gli alberelli, ristorati, quando passi. E son liete l’erbe e i fiori, di specchiarsi nel tuo seno, mentre in alto ti sorride il bel ciel terso e sereno. (E. Minoia) L’ORCO L’Orco è il vento che nel bosco sta provando il suo vocione con un viso fosco, fosco e con tanto di barbone. “Mangerò tutte le foglie, mangerò tutta la Terra, mangerò tutte le nubi che lassù fanno la guerra!” Lo si sente: apre le porte e le sbatte forte, forte. Con un passo, lo si sa, corre tutta la città. NUVOLETTA “Nuvoletta -disse il Vento- vuoi fermarti qui un momento?” “No, non posso, devo andare, sto nell’aria per volare!” Tutta rosa e rilucente, per il cielo se ne andava, salutando sorridente le sorelle che incontrava. Ora, piccola e panciuta, s’addensava un pochettino; diventava riccioluta e sembrava un agnellino. Lentamente s’allungava distendendosi nel cielo, trasparente diventava e leggera come un velo. Verso l’alto si slanciava fra le stelle a curiosare, poi di piume s’adornava bianco cigno a figurare. Si tingeva d’azzurrino, ali chiare dispiegava e con l’oro del mattino un bell’Angelo sembrava. TU SEI LA VITA Acqua di monte acqua di fonte acqua piovana acqua sovrana acqua che odo acqua che lodo acqua che squilli acqua che brilli acqua che canti e piangi acqua che ridi e muggi tu sei la vita e sempre, sempre fuggi. . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
| IL CICLO DELL’ACQUA Una gocciola di pioggia alla terra un dí guardó, e la vide tanto bella che dall’alto si buttó. Cadde e si trovó ruscello fresco, puro, scintillante; poi divenne aspro torrente impetuoso e spumeggiante. Crebbe ancora e fu gran fiume calmo e lento fra le sponde finché giunse al mare, unendo a quelle onde le sue onde. Nella notte il ciel brillava d’infinite chiare stelle, cosí limpide e lontane, cosí pure, cosí belle! Sospiró la gocciolina: “Vorrei essere lassù!” ed appena sorse il sole gli gridó:“Tu, sole, tu che sei forte, che sei buono, che a nessuno neghi amore, dammi aiuto per salire alla meta del mio cuore!” Dentro il raggio il sol la prese, ve la tenne, la scaldó; e la gocciola di pioggia al suo cielo ritornó. AMO (FUOCO, LUCE, ACQUA, TERRA) Amo il bel Fuoco ardente e rosso, che scintilla, che s’alza arditamente, che scalda, guizza e brilla. La Luce amo, splendente di qua, di là, d’intorno, che chiara e trasparente mi rende bello il giorno. Amo l’Acqua fluente, azzurra, tersa e viva, distesa dolcemente tra l’una e l’altra riva. Amo la Terra bruna che, madre di noi tutti, nel grembo suo ci aduna e nutre dei suoi frutti. IL VENTO È mite carezza che passa gentile e tiepida scherza coi fiori d’aprile. È vasto respiro lanciato sull’onda che spinge la vela in corsa gioconda. È mano che afferra con dita spiegate e all’albero strappa le foglie dorate. È gelido soffio che scende dai monti e in ghiaccio tramuta i rivi e le fonti. Così senza posa, or rapido, or lento, si svolge l’eterno cammino del vento. LE NUVOLE Pallide nuvole soffici corrono, dentro l’azzurro del cielo s’inseguono: se con letizia le mani si tendono, bei girotondi giocondi ripetono. Ma se si rotolan, strappano, spingono, presto nel cielo l’azzurro nascondono: ecco che tutto di grigio dipingono, ecco la pioggia ed i tuoni che rombano. Se poi pentite, la pace rifanno, senza problemi la mano si danno: ecco che alcune già rosa si fanno, dentro l’azzurro più soffici vanno. (adatt. di R. Bon) LA GOCCIA Io sono la piccola garrula goccia che sgorga timida fuor dalla roccia sono la gocciola fresca e lucente che scende querula lungo il torrente sono la tremula splendente stilla che mite e placida nel lago brilla e con innumeri gocce sorelle nell'ampio oceano specchio le stelle. (G. Noseda) C’ERA UNA VOLTA UN RUSSCELLO C’era una volta un giovane ruscello color di perla, che alla vecchia valle tra molli giunchi e pratelline gialle correva snello. E c’era un bimbo e gli tendea le mani dicendo:“A chè tutto cotesto foco? Posa un po’ qui! Si gioca un caro gioco, se tu rimani. Se tu rimani, o movi adagio i passi, un lago nasce e nell’argento fresco dalla bell’acqua io con le mani pesco gemme di sassi. Fermati, adunque, non fuggir così! L’uccello che cinguetta ora sul ramo ancor cinguetterà se noi giochiamo taciti qui. Rise il ruscello e tremolò commosso al cenno delle amiche mani tese: e con un tono di voce cortese disse .”Non posso” Vorrei : non posso! Il cuor mi vola: ho fretta! A mezzo il piano, a leghe di cammino, la sollecita ruota del molino c’è che mi aspetta; e c’è la vispa e provvida massaia che risciaquar la nuova tela deve e sciorinarla, si che al sole neve candida paia; e il gregge v’è, che a sera porge il muso avido a bere di quest’onda chiara e gode se lo sazio, e poi ripara contento al chiuso… Lasciami adunque”, terminò il ruscello, “correre dove il mio voler mi vuole”; e giù nel piano, luccicando al sole, disparve snello.
|